XXX Domenica del Tempo Ordinario Anno B

27 ottobre 2024


Ger 31,7-9; Ps ; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52

UN CIECO COME NOI

Gesù, iniziando il viaggio verso Gerusalemme, operò una guarigione sulla figlia d’una donna siro-fenica (cf. Mc 7,25ss) che terminava con un’espressione singolarmente simile  a quella di oggi al v.52 :“Và la tua fede ti ha salvato”. Non furono pochi i gesti salvifici operati da Gesù, ma questi due segni sono come un’inclusione tematica riguardante la forza della fede che caratterizza sia i pagani che i giudei. Nel cieco guarito riconosciamo pertanto la figura delle pecore perdute della casa d’Israele accecate per la grande resistenza opposta al messaggio di Gesù… 

Interpretato in questa linea il brano diviene una profezia della missione della Chiesa di far tornare nella casa del Padre il popolo d’Israele disperso. Se è vero che la resistenza d’Israele a riconoscere Gesù come Messia atteso dai profeti, aveva dischiuso le porte del Regno ai pagani che ne erano esclusi, tuttavia i giudei continuano ad essere chiamati ed attesi. Nella lettera ai Romani, ai capitoli 9-11, Paolo dirà come il ritardo d’Israele a convertirsi sia divenuto occasione perché si aprissero alla salvezza i pagani. Pertanto se in Marco 7 abbiamo assistito alla guarigione della figlia di una donna pagana, adesso, in Marco 10, troviamo la guarigione- conversione di un figlio di Abramo.  

Marco non a caso localizza questo miracolo a Gerico, ultima tappa del viaggio di Gesù a Gerusalemme. Durante l’Esodo, Gerico era stata per Israele la possibilità d’ingresso della terra promessa, le cui porte erano state miracolosamente fatte cadere da Giosuè. Marco ci mostra dunque Gesù come un novello Giosuè che spalanca le mura di Gerico! Simbolo di tutto questo è Bartimeo, cieco, che siede a mendicare… 

La richiesta che pone a Gesù “che io veda di nuovo”(10,51) ci dice che in passato possedeva la vista, e poi l’aveva smarrita. Individuiamo così un simbolo del popolo che sta vivendo un tale oscuramento della propria fede da essere incapace di rialzarsi da solo. Il figlio di Timeo rappresenta dunque tutti coloro che prima avevano fede (vedevano), ma ora non più, perché a causa d’una profonda demoralizzazione l’avevano smarrita (non abbiamo più né capo, né re, né profeta…). Il popolo d’Israele, come il cieco, avendo perso la voglia di reagire, si contentava di chiedere l’elemosina, rassegnato ormai a non poter cambiare la propria situazione.  

Tuttavia nel cieco è ancora viva la speranza messianica. Per questo sebbene i suoi occhi fossero chiusi, le sue orecchie (la sua capacità di ascolto) erano ancora bene aperte...“sentendo che era Gesù Nazareno”. Significa che ne aveva sentito parlare ed aveva ora associato a quel nome  questo Gesù che stava in quel momento passando per la via! Abbiamo qui un esempio bello del kairòs, la grazia cioè del momento presente, una scintilla che scocca al momento giusto nel cuore. Quali saranno stati i suoi pensieri in quel momento? Potremmo ricostruirli forse così: “Se fosse proprio lui quel Gesù di cui si sentono dire tanti prodigi, perché non potrebbe ridare anche a me la vista? Perché mai, poi, non potrebbe davvero essere Lui il Figlio di Davide, il Messia atteso?” 

Ora proviamo a rileggere l’invocazione che sboccia dalle sue labbra: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". Quanta commovente speranza messianica vi è in essa! Luca descrive bene l’invocazione come un grido incontenibile (che davvero dunque esce dal profondo dell’anima!) ripetuto molte e molte volte, a voce sempre più ad alta, tanto da costringere Gesù a fermarsi. Molti si affannavano per farlo tacere sapendo come Gesù non voleva che la sua identità fosse mescolata e confusa con rivendicazioni politiche. Nonostante questo il cieco continua a gridare fino a che Gesù è costretto a fermarsi.  

Marco ci descrive un Gesù colmo di desiderio e di vera ansia per raggiungere al più presto la sua meta, Gerusalemme, e non voleva attardarsi; tuttavia il grido del cieco lo tocca in profondità così, nonostante l’urgenza, Gesù si ferma: "chiamatelo!". Non lo chiama lui direttamente, ma attraverso la mediazione dei tanti che sono attorno a lui. Le chiamate del Signore normalmente ci raggiungono attraverso le mediazioni che incontriamo nei nostri percorsi di vita. 

Gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù (v.50) A pensarci è un comportamento strano...il mantello era considerato la casa dei poveri, la sola coperta di cui coprirsi (cf. Es 22,26) essenziale per sopravvivere nella notte! Il gesto di questo cieco ci parla invece di un superamento, di un distacco totale dalla vita di prima. Possiamo intravedere anche quanto richiesto ai catecumeni che impegnandosi nella preparazione battesimale, prima di seguire Gesù nella strada delle Beatitudini evangeliche erano chiamati a lasciare i mantelli delle loro precedenti abitudini. Il messaggio è che la luce di Cristo invita tutti a lasciare i vecchi mantelli (stili di vita), per assumerne di nuovi.

La conclusione dell’episodio sta nel dialogo fra il cieco e Gesù “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Egli chiede ad ogni uomo un contatto autentico con se stessi. Anche nei racconti di resurrezione il Risorto domanderà “chi cerchi?” (Gv 20,15) costringendo ad attingere al fondo del cuore. La risposta del cieco “Rabbunì, che io veda di nuovo!” (10,51) è una confessione di fede capace di rappresentare tutti i sinceri cercatori di Dio.

Bartimeo rappresenta il resto d’Israele che cerca di vedere di nuovo, ammettendo che la propria storia era stata tanto difficile da averlo privato della fede, rendendolo cieco: “ma ora che cosa posso chiedere se non di riavere di nuovo la vista?”. Leggiamo in questa richiesta la domanda non solo di riuscire a credere di nuovo, ma anche di ritrovare il coraggio di vivere e la speranza perduta…. La risposta di Gesù “Và la tua stessa fede ti ha salvato” suggerisce come anche solo il desiderio di vedere è già fonte di luce e salvezza… La ricerca di Dio, quando è accompagnata dall’amore è essa stessa conoscenza, come dirà Gregorio Magno: “amor ipse notitia est”. 

Non rimaniamo indifferenti alla eloquente conclusione di Marco: “E subito vide di nuovo, e lo seguiva lungo la strada”. A noi, in questa domenica, non resta che domandare, insieme a Bartimeo, una nuova visione per rimanere stabilmente nella via del Nuovo Testamento come discepoli del Signore.

Domande per continuare la riflessione

-Cosa vuol dire per me sperare, o avere fede? E’ accaduto anche a me come ad Israele, dopo la luce e la fede della giovinezza, di aver perso un poco la visione?

-Se il Signore mi chiedesse “cosa vuoi che io faccia per te?” sinceramente cosa gli risponderei?