CHI ATTENDI?
Is 11,1-10 Sal 71 Rm 15,4-9 Mt 3,1-12
Il vangelo odierno di Matteo 3,1-12 si articola in due unità letterarie:
-vv. 1 - 6 la figura di Giovanni Battista;
-vv. 7-12 l’appello alla conversione.
(Una terza unità-vv.13-17presenterà il battesimo di Gesù, esprimendo così, come gli altri evangeli, l’importanza del Battista e sottolineando la grande attesa del primo testamento).
Matteo 3,2 è attento al compimento delle Scritture segnato dalla missione del profeta escatologico: la preparazione del tempo nuovo del Regno, inizia con un invito alla conversione “metanoiete” del Battista. Il verbo “metanoiete” (cambiate mente) esprime l’esigenza d’una trasformazione radicale (meta/nous) ed un ritorno (teshûvah: ebraico shûb – ritornare). Paolo lo esprimerà come trasformazione in Cristo: abbiate il pensiero di Cristo (cf. 1Cor 2,16). Per lui la conversione è un percorso di unificazione in Cristo: diventare uno in Lui mediante la sua grazia.
«Il regno dei cieli si è fatto vicino». Il nucleo del messaggio del Battista è raccolto attorno al tema del «Regno dei cieli» tema ricorrente nei vangeli, ed indicante la signoria (presenza trasformante, cura…) di Dio verso il suo popolo. L’immagine del Regno nella storia di Israele ha avuto varie interpretazioni:
-politica: il Messia visto come un leader in grado di rifondare l’autonomia del regno israelitico;
-etnica: il regno costituirebbe la «comunità ebraica» dispersa e perseguitata lungo la storia;
-legalistica: il regno implicherebbe l’adesione all’alleanza e ai comandamenti della Legge mosaica.
In S. Giovanni l’annuncio del Regno assume una dimensione messianica: le promesse di Dio si realizzano attraverso l’instaurazione d’un Regno celeste. Ma cos’è questo Regno? Un’idea spirituale? Una persona? Un potere storico? La lettura evangelica ne evidenzia la dimensione trinitaria: è l’amore trinitario di Dio. La persona di Gesù esprime l’amore trinitario del Padre che nel Figlio, ed attraverso lo Spirito Santo, porta a compimento le sue promesse così come le attese del popolo.
Il Battista è descritto ai vv.4-6 attraverso il vestito ed il vitto che permettono di collegarlo alle attese d’Israele: è il nuovo Elia, che annuncia la venuta del Messia «profeta della fine dei tempi». Il Battista lo fa con una radicalità espressa nelle sue invettive contro scribi, farisei, sadducei (cfr. Mt 23). In ogni caso in Israele tutti, anche coloro che si sentivano giusti, sono chiamati alla conversione.
In ultima analisi la figura e la predicazione del Battista parlano di un giudizio definitivo del Signore su Israele: l’appello pertanto è di fare frutti degni di conversione (v. 8) evitando quella strumentalizzazione della fede che può verificarsi quando la religione, istituzionalizzandosi, perde la sua ispirazione sorgiva. Pertanto, le espressioni del Battista e che Matteo riporta nella pagina evangelica stanno ad indicare la necessità d’un rinnovamento della intelligenza della fede. Perché si realizzino i tempi promessi occorre uno stile di vita rinnovato scaturente da una nuova capacità e volontà di mettere al primo posto l’apertura alla Grazia e la fede in Dio piuttosto che a tante preoccupazioni ritualistiche, o di appartenenza etnica (la purezza etnica di Israele….)
Insomma possiamo leggere l’invito ad un Battesimo con acqua di Giovanni come l’invito ad una nuova intelligenza dell’Alleanza con Dio. Il simbolismo dell’acqua è un segno forte di purificazione e fecondità: immergersi nel Giordano simboleggia un iniziare un percorso di liberazione verso una comprensione nuova delle promesse di Dio. Matteo intravede già gli albori d’una lettura rinnovata del significato stesso dell’Alleanza di Dio con il popolo.
Non a caso il Battista è presentato come “precursore” (vv.11-12) non degno di portare i sandali del suo Signore, e chi viene dopo di lui è più potente di lui. Tuttavia, Gesù chiama il Battista profeta più grande di tutti i figli di donna (cf. Mt 11). Per noi il Battista è figura esemplare: -è l’umile credente, che riconosce in Gesù il Figlio di Dio; -che nel battesimo lo testimonia in modo solenne; -infine la sua testimonianza sarà confermata con il suo martirio (cf.Mt14,1-12).
Giovanni, divenuto discepolo del regno, anticipa il compimento messianico delle promesse di Dio.
Il tempo d’Avvento oggi diviene per noi un «tempo giovanneo» in cui ci viene chiesto di entrare nel deserto per ripetere il cammino battesimale incontro al Signore che torna a noi attraverso la conversione dell’intelligenza. Essa ci permette di avvicinarci alla verità attraverso una più oggettiva acquisizione e comprensione dei significati….
Il cuore di questa domenica verte attorno al messaggio di entrare nella sapienza dell’attesa ed ascolto d’una Parola di speranza; uscendo da prospettive egocentriche, allargando il nostro sguardo dall’io al noi di un popolo in attesa; con-dividere, con-sperare, con-seguire l’amore di Dio che si rivela nell’annuncio del Regno imminente. Il tema è quello di entrare in una nuova intelligenza del significato della fede nel Dio dell’Alleanza….
Il Battista non a caso è il principe del deserto. Quella del deserto è una dimensione importante del processo di liberazione del popolo eletto: Avvento è prima di tutto “entrare nel deserto” vale a dire tacere, riflettere, interiorizzare, collegati con la chiamata ad entrare nell’essenzialità che esso comporta. L’obiettivo del deserto è intraprendere una conversione dell’intelligenza capace di aprire ad una nuova comprensione di fede, mediata da un senso ed un significato nuovi in Cristo.
Pur essendo Regno di amore e di pace, il Regno implica sempre un farsi violenza per entrarvi (cf. Mt 11,12), infatti un ripensamento autentico di sé, e della propria fede non è mai facile. Esso richiede una intelligenza che sa rielaborare nuovi significati religiosi ed esistenziali. Il rischio del fariseismo, e di una religiosità formalista, in caso contrario, è sempre incombente.
Ricordiamo il lamento di Gesù? “sulla cattedra di Mosè siedono scribi e farisei”, come a dire che la religiosità può essere autentica, ma anche degradare ad inautentica quando non riesce a mediare in modo autentico significati umani e religiosi sorgivi e fontali…
Ciò che sono io è una cosa, ciò che è un cristiano autentico è un’altra cosa: sono consapevole di questa differenza e distanza, o mi illudo? Il Battista ci avvisa di non strumentalizzare l’annuncio del Regno, per aprirci invece alla consapevolezza del rischio di servirci del linguaggio della tradizione religiosa cui apparteniamo per confermare noi stesso, nelle nostre chiusure, ed egoismi (fariseismo). Comprendiamo adesso quale nuovo il Battista stia attendendo, sperando, ed annunciando: è il nuovo che solo la presenza d’un Dio vivente veicola. La nostra attesa sarà autentica nella misura che si fa disponibile a questa novità di Dio, anche senza sapere ancora bene di cosa si tratta….
Giovanni il Battista annuncia il regno e «battezza con acqua». L’Avvento diviene così un invito ad annunciare e testimoniare la Parola, rinnovando l’impegno a vivere in modo credibile il nostro battesimo. Viviamolo allora come tempo di purificazione del cuore e di preghiera, di attesa vigilante in un amore rinnovato verso Dio e i fratelli.
Per la riflessione
-Io ho ancora qualche attesa nella mia vita? Quali sono state per il passato, e quali sono ora le mie attese vitali?
-Mi pare che la mia quotidianità porti con sé segni credibili di attesa? Quali?
-Nella misura in cui prendo la tradizione come una norma corro il rischio di attuare autenticamente la sua inautenticità. La storia della salvezza esige l’apertura a quelle novità che permettono una realizzazione sempre migliore e fedele del significato salvifico...
-Perché oggi è così difficile testimoniare il Vangelo?

