7 settembre 2025
Sap 9,13-18 Sal 89 Fm 9b-10,12-17 Lc 14,25-33
RIMANERE ALLA RADICE
La cornice dell’episodio evangelico odierno è dato dalla ripresa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme.
Dopo la sosta durante la festività del sabato, descritta nel vangelo di domenica scorsa, Gesù riprende il suo viaggio verso Gerusalemme, ed ecco subito apparire un gran numero di persone (molte folle dice il testo evangelico ....) che, affascinate dalle sue parole e dai suoi gesti, vorrebbero andare con lui a Gerusalemme…. Gesù però non è, e non intende diventare un leader dalle facili promesse: la prima cosa che fa, prima ancora di dire qualcosa, è girarsi verso le folle, guardandole a viso aperto, faccia a faccia…. Mi pare questo il primo punto da cogliere in questa preziosa, e difficile, pagina evangelica odierna. Prima ancora di dare un insegnamento Gesù si mostra a viso aperto, espone il suo volto, guardando contemporaneamente negli occhi coloro che vogliono, o vorrebbero, seguirlo!
Non è un particolare da lasciarci sfuggire: divenire discepoli di Gesù prima ancora che fare qualcosa implica piuttosto un entrare e rimanere in una relazione personale viso a viso, faccia a faccia con Gesù…
Di conseguenza non è tanto quello che noi facciamo a creare comunione con Lui: ma è la nostra capacità di stabilire e rimanere in una relazione personale, autentica, responsabile, profonda (appunto viso a viso, o faccia a faccia) con Lui che crea come conseguenza in noi le capacità di vivere secondo le impegnative esigenze da Lui indicate…!
Rimaniamo tutti impressionanti dalla lettura dei passi evangelici come quello odierno in cui si parla (addirittura) di odiare padre, madre, moglie, e persino la propria vita! Sono testi duri, che noi indichiamo come i brani della radicalità del Vangelo. E’ vero: sono testi radicali, ma mentre di solito noi usiamo questo aggettivo radicale/radicali ma non nel senso di un’eroicità fuori misura, bensì perché tratta di che si radicano veramente, nell’amore (dentro l’amore) che Gesù nutre per ognuno di noi. L’amore che Gesù nutre per ognuno di noi ha la sua misura (smisurata!) nella croce, così come nel dono totale di tutta la sua vita offerta in sacrificio per la nostra salvezza!
Ecco perché, allora. noi dovremmo imparare a capovolgere la lettura di questi testi. E’ vero che questa pagina evangelica indica: -il distacco dagli affetti ai propri famigliari, -la disponibilità al martirio, -la rinuncia ai beni terreni tuttavia queste tre cose non vanno viste, e comprese (e non sono) come le condizioni che Gesù pone a chi vuole seguirlo!
Più che condizioni per la sequela esse, al contrario, ne sono il risultato, i frutti, l’esito….! Quello che oggi Gesù ci sta dicendo è che entrare con Lui nella sua parola, cogliendo e penetrando la sua straripante misura d’amore, radicata nella sua Passione e Croce, fa fruttificare come conseguenza dentro il nostro cuore frutti straordinari di grazia ed amore, permettendoci di vivere la vita con una capacità tutta nuova di amore, fuori misura ….
La logica paradossale davanti alla quale Gesù pone il discepolo (quella di odiare i propri famigliari, prendere la croce, rinunciare ai propri beni materiali, e dare la propria vita) non fa altro che esprimente (in linguaggio evangelico) l’insegnamento con cui Gesù intende dirci di non fermarci a metà nel nostro amore….
Se lo notiamo per ben tre volte nel discorso di Gesù ricorre l’espressione “portare a termine” o “finire il lavoro”, insomma allora la vera radicalità che Gesù indica in questa pagina è quella di arrivare fino in fondo, di non lasciare a metà le cose iniziate, di non voltarsi indietro sul più bello dopo aver cominciato qualcosa…. Insomma, detto in altri termini, la vera radicalità evangelica non sta nell’estremismo, ma nella perseveranza della nostra scelta di amare. Tale perseveranza fino alla fine nella nostra decisione, e capacità di mare, si riassume in una sola condizione: aprire la nostra vita ad una misura d’amore diversa, più piena e globale.
Si tratta insomma d’attingere ad una misura d’amore diversa da quella umanamente nota, misura d’amore che mette in grado il discepolo di portare la croce dietro a Lui, in cui dietro a Lui significa in realtà come Lui ha amato, e cioè condividendo con lui fino in fondo i suoi sentimenti, il suo desiderio, il suo sentire profondo nell’agape… La perseveranza evangelica pertanto non ha nulla a che vedere con quell’ostinazione cieca che a volte irrigidisce in scelte senza frutto, ma è una stabilità di amore, nell’amore, e per l’amore…(come diciamo nella liturgia “per Cristo, con Cristo, in Cristo”…).
Tale evangelica perseveranza insegna e comporta nella nostra vita una bella e sana stabilità nel proseguire ad amare, e nel tener fede alle nostre scelte di fondo, anche quando nelle varie situazioni ci accade invece di sperimentare risentimento, rancore, desiderio di vendetta, odio o, più semplicemente, anche solo indifferenza, demotivazione, od ingratitudine….
La vera radicalità che il Vangelo odierno indica è quella della perseveranza dell’amore….. Chiediamola con fiducia, come dono dall’alto!