VI Domenica del Tempo Ordinario Anno B

11 febbraio 2024


Lv 13,1-2.45-46   Sal 31   1Cor 10,31-11,1   Mc 1,40-45

 UN CORO STONATO

Quando in un coro in molti cantano stonati, non è facile per il direttore dare l’accordo e tornare a far fluire armonicamente il canto. Il paragone mi pare calzante per l’episodio del lebbroso narrato oggi dal vangelo di Marco: il coro che canta stonato sono le folle che vanno da Gesù con attese materiali, cercando in lui un taumaturgo, mentre Lui desidera proporre una musica diversa, quella del Regno di Dio.

Il lebbroso che ottiene la grazia della purificazione, ma senza essere capace di obbedire, è l’esempio di questo modo stonato di relazionarsi con Gesù. I miracoli da Lui operati suscitano infatti entusiasmo, la gente lo cerca in quanto potente guaritore, ma rimane poco interessata al mistero della sua persona e al suo messaggio. Questa sfasatura si riflette nel disagio con cui Marco narra questo miracolo, disagio rivelato da vari particolari. Innanzitutto (a differenza degli altri miracolati) qui è il malato che prende l’iniziativa e, contravvenendo alle prescrizioni della legge che prevedevano un rigido isolamento per i lebbrosi, incalza Gesù da vicino. Colpisce poi il clamoroso contrasto tra la foga con cui chiede d’essere esaudito e il disinteresse verso le parole che gli vengono intimate. Gesù, da bravo direttore di coro, si sintonizza nella melodia del lebbroso, accogliendo la sua preghiera, ma impone anche alcune condizioni. La mancata osservanza delle richieste del Maestro è una disobbedienza seria ed alla fine il lettore rimane col dubbio se l'evangelista abbia voluto presentare questo miracolo come un evento davvero positivo o meno.

Cosa vuole evidenziare Marco? In buona sostanza il problema è che le guarigioni operate da Gesù anziché accrescere il desiderio di Dio, rischiavano piuttosto di alimentare aspettative miracolistiche. In altri termini le folle sembrano interessate più alla loro guarigione che al mistero di Dio, più ai miracoli di Dio che al Dio che opera i miracoli. Una vera guarigione non riguarda solo il corpo, ma tutta la persona e chi cerca veramente Dio dovrebbe aspirare ad una vita nuova, del corpo e dell’anima. Il motivo delle richieste imperiose di Gesù è legato a questo tema. Egli ordina al lebbroso di tacere e di andare al tempio a presentarsi ai sacerdoti, perchè la lebbra non è solo quella fisica, ma anche quella più profonda, nascosta nell’anima. Il Signore non evita queste istanze: “lo toccò e gli disse: lo voglio sii purificato” ma chiede anche una purificazione interiore dicendo: “non dire niente a nessuno, và invece a mostrarti al sacerdote...”. Cristo guarisce, ma perché la guarigione divenga vita nuova, cioè una vera rinascita dell’uomo intero, dà anche indicazioni precise. Il lebbroso sanato sembra invece neppure averle udite! Dov’è la sua capacità di attenzione e di ascolto?

La richiesta con cui Gesù inviava il lebbroso al tempio era legata al rapporto sociale del malato con la comunità. La lebbra non era questione solo di salute individuale, ma separava dagli altri e da Dio, e la guarigione ora avvenuta richiedeva una reintegrazione comunitaria. L’altra richiesta, quella di non parlare con nessuno del miracolo è perché Gesù non vuole che nessuno divenga testimone e predicatore di se stesso. Forse costui pensava davvero di rendere un buon servizio a Cristo, invece gli crea solo difficoltà. Per un attimo anche noi possiamo provare un’istintiva simpatia per la gioia entusiastica di questo lebbroso guarito, ma dovremmo essere attenti invece a riconoscere la sua disobbedienza!

Il desiderio di Gesù era che nel cuore dei suoi ascoltatori s’imprimessero le sue Parole, mentre le folle si fermavano ai segni che le accompagnavano. La grande distanza fra ciò che Lui vuole fare e ciò che gli altri si aspettano da Lui, gli procura un’intima sofferenza. Questo lebbroso così sordo e stonato, senza rendersene conto, segue una sua partitura e sebbene guarito, non riesce ad entrare nell'armonia della vita nuova.


Domande per continuare la riflessione

-Quando mi avvicino a Dio nella mia preghiera, che cosa desidero, che cosa mi attendo? La soddisfazione dei miei bisogni o l’incontro vivo e vitale con la sua Parola, il suo volto, il suo amore?

- Gesù non vuole che si parli di Lui se non a partire da un rapporto di ascolto. La testimonianza avviene quando due parole, quella di Dio e quella dell’uomo, si armonizzano e, come nel canto, divengono una sola.