IV Domenica di Pasqua Anno B

21 aprile 2024

At 4,8-12   Sal 117   1Gv 3,1-2   Gv 10,11-18

LA PORTA DELLA VERITA' 

Il vangelo di questa domenica contrappone due diversi tipi di pastori: uno che dà la vita per le sue pecore, l’altro che, invece, se fiuta il pericolo se la svigna. Mentre il primo viene chiamato buono il secondo è definito un mercenario. Forse oggi non sarebbero pochi a pensare che sono quelli di secondo tipo i pastori più furbi. Non è di moda oggi la bontà, anzi essere definiti buoni potrebbe sembrare una svalutazione… La bontà del vangelo è la pienezza d’apertura franca e fiduciosa alla vita, a Dio ed agli altri! Giovanni lo spiegava all’inizio del capitolo affermando che era buono il pastore che entrava nel recinto delle pecore passando dalla porta principale (cf. Gv 10,1), senza prendere scorciatoie (salendovi da un’altra parte). La bontà consiste nel passare attraverso la via maestra della mediazione della verità, mentre le scorciatoie sono le nostre furbizie. La domanda è, in fondo, su quali scelte facciamo quando vogliamo stabilire relazioni durature con il nostro prossimo. 

I pastori, coloro che vogliono trasmettere insegnamenti, così come quelli che vogliono stabilire rapporti duraturi con gli altri, devono passare per la porta della verità. La verità non è mai posta da noi, ma ha una sua propria logica che supera e trascende tutti. Questo è vero per chi vuole insegnare, come per ogni altro tipo di relazione. Una relazione si può stabilire solo in riferimento ad un’ideale o a dei valori che ci trascendono. Perché ci siano relazioni autentiche e durature occorre credere in qualche cosa verso cui ci si senta insieme responsabili, solo questo cementa davvero le relazioni. 

Chi non nutre sentimenti di questo tipo è un mercenario, anche se inconsapevole, ed alla fine dissolve il tessuto relazionale che si illudeva di costruire. È la storia amara di tante amicizie, sodalizi, amori che, dopo un inizio promettente, finiscono con lo spegnersi senza nessun particolare motivo, se non quello di una mancanza di motivi, cioè per una carenza di aspirazioni condivise. Nessuna aggregazione regge alla prova della fatica, dell’abitudine, dell’incomprensione quando non è sostenuta da motivazioni forti, riguardanti finalità oggettive. Cercare la causa dei fallimenti delle unioni famigliari, o di varie forme di aggregazione, nel cattivo carattere dell’uno o dell’altro è quasi sempre una perdita di tempo. Il fatto è che spesso non c’era nulla che superasse quell’intesa che rimaneva ad un livello molto immanente, e senza respiro ideale. Le relazioni umane che non passano attraverso la porta dell’essere fondate sulla profondità di valori o finalità che superino la mera contingenza, sono prive di qualcosa di essenziale. 

Voler bene ad una persona, aggregarsi o associarsi ad un gruppo, non significa far diventare queste persone lo scopo e la meta della nostra vita…facciamo grande attenzione! Anche vivessimo rapporti intensi e coinvolgenti con qualcuno, gli altri non possono mai diventare (in nessun caso!) la pienezza di vita in cui possiamo trovare riposo, sono sempre beni penultimi e mediazioni. C’è sempre un oltre cui il nostro cuore aspira, l’unico che merita la nostra attesa e la nostra speranza, non possiamo ingannarci. 

L’amore umano rimane dunque svalutato? No, rimane valutato al suo giusto posto. L’amicizia e l’amore fra gli uomini non sono i valori ultimi della vita! Essi sono invece il segno e la strada necessaria da percorrere per andare al fondamento della vita, come simbolo e rappresentazione. La parabola del buon pastore insegna che i nostri rapporti con gli altri non sono diretti ma mediati, e trovano la loro verità solo passando attraverso il fondamento di Dio che dà loro senso e significato. Solo lì, all’interno di questo fondamento, abbiamo la possibilità di ritrovarci, incontrarci, e comunicare tra noi in modo autentico; questo avviene anche se non ne siamo consapevoli e manchiamo di una fede esplicita.

L’origine di ogni cosa è il Padre, ed in Gesù pastore bello e buono, noi ritroviamo il fondamento del nostro vivere, amare, soffrire. 

Domande per continuare la riflessione

-Cosa vuol dire essere buono per me? Come mi sento se qualcuno mi dice che sono buono? 

-Che tipo di pastore mi pare prevalentemente di essere? Buono o soprattutto furbo? 

-Cosa cerco nelle relazioni? Comprensione, dialogo, o anche qualcos’altro?