III Domenica di Quaresima Anno B

3 marzo 2024

Es 20,1-17   Sal 18   1Cor 1,22-25   Gv 2,13-25

UNA CASA DI MERCATO?

 

Non fate della casa del Padre mio una casa di mercato! (Gv 2,16) è l’amaro lamento di Gesù di fronte alla costatazione di un tempio ridotto a mercato.  

Ogni religione ha sempre corso il rischio di ridurre il rapporto con Dio a termini di scambio: già i profeti del primo Testamento denunciavano come sacrifici e atti di culto fossero usati strumentalmente, per ottenere favori e non per dare veramente gloria a Dio. In questa maniera il tempio rischiava di diventare, come denuncia oggi Gesù, un mercato, un luogo cioè di contrattazione con Dio, che quindi diventa un idolo, cioè un dio che può essere manipolato, messo a proprio servizio per ottenere ciò che si desidera. L’idolo è al servizio dell’idolatra, garantendo in cambio ciò che l’uomo non può garantire a se stesso. Quando non si ascoltano le parole che Dio pronuncia e si cerca di ottenere da Lui ciò di cui si ha bisogno, dio diventa un idolo. L’idolo infatti non parla, ma nemmeno ascolta. 

Per valutare la qualità della nostra relazione con Dio è utile considerare l’analogia fra le relazioni che stabiliamo con il prossimo. Quella con Dio, come quella col nostro prossimo, dovrebbe essere una relazione con un soggetto altro che desidera stabilire con noi un rapporto vitale, di reciprocità che, come tale, è e rimane imprevedibile. Quando una relazione è autentica l’altro, sia esso Dio o il prossimo, non solo non rimane mai imprigionato dentro le nostre aspettative, ma è sempre capace di sorprenderci. Essendo espressioni d’una vita che fluisce sempre nuova, le relazioni, per maturare, esigono molto dialogo, ascolto reciproco e cura. Sotto questo punto di vista non dovremmo tenere troppo separate le qualità relazionali che riusciamo a mantenere con gli altri, da quelle con Dio; tutte necessitano di tempo e di cura, ognuna a suo modo. Il Vangelo non perde occasione per ricordarci come il Padre si faccia incontrare concretamente anche nelle relazioni che riusciamo a costruire tra noi. 

Nella storia d’Israele il Tempio era nato come il luogo per eccellenza dell’ascolto della Parola di Dio; per questo possiamo capire la reazione di Gesù di fronte al suo degrado. Per analogia sarebbe come vedere qualcuno che manipola una persona cara, un famigliare, un amico, tentando di trarne profitto, ingannandolo. Quando Israele trasforma Dio in un idolo fa così, lo manipola e trasforma il Tempio in un luogo di contrattazione; corriamo il rischio di farlo anche noi, non solo nella nostra relazione con Dio, ma anche nelle nostre relazioni interpersonali. Non sarebbe male talora essere capaci di rovesciare qualche tavolo se questo ci aiutasse a prendere consapevolezza della piega sottilmente manipolatoria che sta prendendo una relazione, in modo da ricostruire con nuova chiarezza quell’amicizia o quell’affetto. 

Tornando al messaggio evangelico teniamo presente come il vero Tempio, per S. Giovanni, sia il corpo stesso del Signore Gesù: nel suo corpo viene risanata e ricostruita infatti quella relazione profonda fra Dio creatore e l’uomo, che il peccato delle origini aveva interrotto. Questo processo, iniziato con l’incarnazione si sarebbe completato solo con la Pasqua, ma avrebbe incontrato tante resistenze da parte degli uomini. Fa comodo a tutti rimanere dentro relazioni vecchie, offuscate, ma che permettono di continuare a portare avanti i nostri affari anche con qualche compromesso, anziché rischiare ed affrontare il nuovo e l’inedito. Dio però non vuole entrare nei nostri vecchi giochi e trova sempre il modo di costringerci a crescere, rovesciando le nostre sicurezze così da saperci affidare al suo amore in una relazione con Lui sempre rinnovata.

 

Domande per continuare la riflessione 

-In che maniera dovrei rinnovare la mia relazione con Dio?

-Ci sono dei tavoli che sarebbero da rovesciare nelle mie relazioni con qualche amico, famigliare, o conoscente?