II Domenica del Tempo Ordinario Anno B

14 gennaio 2024


1Sam 3,3-10.19   Sal 39   1Cor 6,13-15.17-20   Gv 1,35-42

"RISVEGLI"

Viviamo spesso come sonnambuli, chiusi nelle nostre precomprensioni, sordi ai presagi, alle voci
delle cose e della realtà. Non sospettiamo nemmeno di aver bisogno d’essere risvegliati. Nonostante una vita immersa in un fiume di scadenze, impegni, incontri, in realtà sono molto pochi gli eventi in grado di produrre un risveglio di consapevolezza in noi. Perché questo avvenga c’è bisogno che uno dei tanti incontri o parole, esca dall’anonimato e, superando le nostre difese, con cui ci teniamo a debita distanza, ci venga incontro ponendoci una domanda diretta, riuscendo finalmente a coinvolgerci.

A Samuele accade d’essere risvegliato da Dio quando neppure lo sta cercando: è un ragazzo obbediente e serio, tuttavia ancora non conosce Dio, ma quel poco che sa e conosce gli basta. Non sente nemmeno il bisogno di conoscere di più, non va in cerca di Dio, e nemmeno lo attende.
Samuele semplicemente obbedisce e basta. Come tanti ritiene che la sola cosa da fare sia essere
buono, vivere la giustizia, avere pazienza. Chi vive così anche se non cerca Dio, tuttavia non perde
occasioni. Le prime tre chiamate Samuele le interpreta male: corre invano, si chiede cosa stia
capitando, forse avrà sentito anche fastidio o delusione. Tuttavia risponde sempre, si alza, non si
attende proprio nulla, quello che fa è semplicemente obbedire, ma proprio grazie a questo qualcuno, alla fine, gli indica la cosa giusta. Come a dire che nessuna obbedienza, nessuna attesa di giustizia, nessuna pazienza è inutile. Spesso siamo demoralizzati e ci diciamo tante volte che avere pazienza, essere buoni, attendere giustizia siano cose inutili, ma solo perché non sappiamo leggere quanto sia nociva la nostra ansia di fare tutto e subito.

Anche i due discepoli di Giovanni stavano ancora là e nessun verbo dice a far cosa... Almeno del
loro maestro, Giovanni Battista, conosciamo l’attesa del Messia, dei due discepoli no. Ci viene
indirettamente suggerito che semplicemente si fidavano di Giovanni e basta. Forse non comprendevano bene neppure loro, o solo in parte, il senso di quell’attesa. Sono discepoli non solo attraverso l’apprendimento di insegnamenti, ma anche attraverso l’assimilazione personale dei suoi atteggiamenti: l’attesa colma di speranza, la fiducia colma d’umiltà, la pazienza colma di memoria. Quando poi il Cristo passa non si rivolge neppure a loro, sarà Giovanni a riconoscerlo ed indicarlo con un nome: l’Agnello di Dio. A questo nome i discepoli si risvegliano e si coinvolgono.
Scopriranno solo dopo, durante il loro discepolato che il Messia, l’Inviato di Dio, può essere solo un agnello, donato, immolato fin dalla fondazione del mondo.

Abbiamo bisogno anche noi d’essere risvegliati, il vangelo dalla nostra incapacità di leggere i
presagi. S. Giovanni oggi dice che Gesù passava, Dio fa così, passa. Il Cristo non ha dove posare il
capo e non si fermerà a lungo presso di noi, siamo noi che dobbiamo alzarci e, imparando a
chiedergli dove abiti? seguirlo…

Domande per continuare la riflessione
-Non mi raggiunge mai il sospetto di aver bisogno di essere risvegliato da qualche precomprensione dura a morire? Cerco talora d’indossare anche il punto di vista degli altri?
-Qualche volta lascio a Dio qualche occasione per coinvolgermi nella sua storia?


   Fr. Andrea Arvalli