Es 16,2-4.12-15 Sal 77 Ef 4,17.20-24 Gv 6,24-35
CRESCERE RICONOSCENDO E CORREGGENDO LE NOSTRE FALSE ATTESE
Stiamo leggendo in queste domeniche il capitolo sesto di S. Giovanni. Domenica scorsa il segno dei pani era stato frainteso dalle folle ed interpretato come una moltiplicazione anziché quello che era veramente cioè una condivisione. In questa domenica Gesù cerca ancora di guarire i suoi discepoli dalle false aspettative legate alla sua persona. Dopo il segno dei pani la folla aveva cercato di prendere Gesù e di farlo re: a noi sarebbe sembrato un successo, ma non per Lui che non era riuscito a far comprendere il vero significato del segno che aveva posto. Per questo si era ritirato nella solitudine del monte.
Mentre Gesù stava proponendo la via responsabilizzante della condivisione dei beni, le folle e i discepoli preferiscono pensare d’aver trovato la soluzione in una taumaturgia che operava moltiplicando, senza spesa né fatica, le risorse (i pani). Non si tratta solo del problema delle folle, qui S. Giovanni mette in scena la fatica di tutti i discepoli (di tutti i tempi) di maturare in un interpretazione religiosa che superi il livello magico.
Le folle che seguono Gesù fino a Cafarnao sono mosse dalla speranza d’ottenere ancora da lui il cibo che perisce, quello cioè fatto di miracoli, grazie speciali, protezione dalle sventure. Non ci si meravigli: anche oggi varie pratiche affini alla magia si mescolano alla dimensione religiosa, inquinandola. Alludo ai desideri di assicurarsi il favore divino, di ricevere grazie, guarigioni e soluzioni ai propri problemi umani…a basso prezzo. Da sempre tutto ciò lambisce l’esperienza religiosa. L’equivoco sul pane che Gesù veramente offre, rimane sempre aperto ed attuale. E’ un tema rilevante che appare altrove nel vangelo di Giovanni, ad esempio nella fatica della Samaritana (cf. Gv 4) a comprendere come l’acqua viva che Gesù voleva donarle, fosse diversa da quella che attingeva dal pozzo.
Domenica scorsa c’era un doppio simbolismo legato ai cinque pani e due pesci: i cinque pani erano il Pentateuco, i primi cinque libri delle Scritture, mentre i due pesci, companatico dei pani, erano le Scritture d’Israele complementari alla Torah, in grado di aiutare a comprenderla ed assimilarla meglio. Cinque più due fanno però il numero sette: le folle folle hanno a disposizione sette elementi cioè una pienezza. Come a dire che avevano tutto ma non se ne erano ancora resi conto.
Adesso rimane solo il pane: in Gesù (nella sua parola) è presente tutto l’alimento che Dio ha dato al suo popolo. Rimanendo con Lui pertanto non abbiamo nulla da temere, non ci manca nulla: chi ha Gesù non ha necessità di altre rivelazioni, perché nella sua parola è presente tutto l’alimento che Dio ha dato al suo popolo. Era questo il simbolismo in cui Gesù voleva introdurre i suoi ascoltatori, che rischiavano invece di ostinarsi a pensare solo al cibo materiale.
Ci può aiutare sapere come il verbo vivere in ebraico non implichi solo la vita biologica ma qualcosa di più vasto: una pienezza di significato capace di colmare di gioia. Se il pane dunque mantiene la vita biologica, pur destinata a terminare, Dio ha però un pane che comunica una vita eterna, colma di senso e significato, e vuole che tutti l’abbiano in abbondanza (cf. Gv 10,10). La domanda delle folle di Cafarnao, come ci si alimenti di questo pane, trova risposta nei vv. 28-33. Si tratta di credere in Lui (colui che egli ha mandato). Credere: non basta essere convinti dell’esistenza di Gesù…una sposa crede nel proprio sposo quando si fida ciecamente di lui. Credere in Gesù significa condividere le sue scelte, essere disposti a giocarsi la propria vita con lui. Gesù domanda questa fiducia totale, ed i giudei per questo esigono da lui un grande miracolo (vv.30-33).
Nella propria ricerca di cibo spesso l’uomo s’inganna, ma l’unico pane che sazia il bisogno di senso, libertà, gioia, è la Parola di Cristo. Non la manna del deserto, ma la sua parola evangelica è il vero pane disceso dal cielo. Ma perché il vangelo possa comunicare la sua vita occorre non sia solo un testo lontano, da leggere e studiare in modo distaccato, ma occorre rischiarsi, giocarsi in esso, assimilarlo e farlo proprio come un pane che viene appunto assimilato e diventa corpo e vita fisica di chi se ne nutre! Un’annotazione importante è notare come queste affermazioni di Gesù non si riferiscano ancora all’Eucaristia: il pane è Lui stesso in quanto Parola di Dio.
Domande per continuare la riflessione
- Ho vissuto mai false aspettative nella vita?
- Come posso rinnovare la ricerca autentica di Gesù e del suo vangelo?