11 agosto 2024
GUARIRE DAI RISENTIMENTI
Nel vangelo di questa domenica vediamo fin dai primi versetti i giudei mormorare contro Gesù per il suo attribuirsi un’origine divina “….perché aveva detto io sono il pane disceso dal cielo” (v.41). Il tema centrale rimane, anche in questa domenica, il mistero di Gesù, la sua persona e la sua rivelazione: quando gli ascoltatori giudei sono posti di fronte a tale rivelazione, hanno immediatamente una violenta reazione contraria ed oppositiva. Giovanni gioca sul contrasto: quando si è sazi di pane, non se ne cerca altro. I giudei, sentendosi i saldi possessori del pane della Torah non sentono necessità di comprare altro pane anzi, sono infastiditi dalla proposta. Chi mai potrebbe anche solo pensare di proporsi come pane disceso dal cielo? Per entrare nella vivace dinamica di questo testo occorre pensare come, in effetti, di fronte alla proposta di cose nuove e sorprendenti, venga del tutto naturale ed immediato difendersi e reagire negativamente, pensando ed anche dicendo male. Si tratta di reazioni psicologiche del tutto spontanee, sulle quali però sarebbe bene soffermarsi perché sono queste che spesso ostacolano quella capacità d’apertura alle novità attraverso la quale, a volte, può passare una visita di Dio. Per tutti noi è più facile ed immediato assumere atteggiamenti difensivi, mantenere i vecchi schemi cognitivi rimanendo chiusi ed in guardia piuttosto che aprirci ad ipotesi che richiedono applicazione, fatica, coinvolgimento, perché ancora non le conosciamo, né comprendiamo.
Sostanzialmente quello che Giovanni rimprovera agli ascoltatori di Gesù non è la fatica di comprendere e credere, ma la chiusura mentale e l’opposizione. S. Giovanni fa un uso teologico del termine giudei: esso indica non l’origine degli interlocutori ma, la loro posizione teologica di avversari a tutto tondo di Gesù. L’episodio odierno avviene in Galilea, ed i protagonisti dovrebbero essere galilei, ma Giovanni parla di giudei, perché sono loro che nutrono ostilità verso Gesù. L’espressione di tale ostilità sta nella loro mormorazione.
Essa infatti non esprime una normale, ben comprensibile, fatica a seguire Gesù e ad entrare nel suo mistero. La mormorazione consiste in una reazione intima d’aggressività, ostilità, scherno. Non si tratta quindi semplicemente d’esprimere qualche comprensibile fatica, o riserva, ma di un rifiuto irato e radicale. Anziché ascoltarlo ed accoglierlo per cercare di comprenderlo e soppesarlo, lo si rifiuta previamente e radicalmente, reagendo con arroganza. Come sappiamo il verbo mormorare, come il sostantivo mormorazione ha una lunga storia in Israele, ed esprime sostanzialmente il rifiuto di seguire una proposta di Dio sentita come inaccettabile, e quindi rigettata. Nel nostro caso (Gv 6), quello che risulta inaccettabile è l’idea di un uomo che pretende di rendere presente Dio. Naturalmente, su questo adesso devono riflettere non tanto i contemporanei di Gesù, ma i lettori del Vangelo che qui ed ora, oggi devono prendere posizione. La tentazione è chiudersi e razionalizzare il rifiuto giustificandolo come la cosa più logica. Ma la novità è sempre un rischio da cui difendersi e da evitare? O qualche volta può essere anche l’espressione di un mistero in cui lasciarsi coinvolgere?
Come potremmo parafrasare l’espressione di Gesù “Non mormorate tra voi?” (Gv 6,43)? A me pare che si potrebbe parafrasare come incoraggiamento a non lasciarci irretire in ragionamenti ristretti, ma a mantenere una mente aperta, non troppo irrigidita nei nostri presupposti. Come a dire: ...cercate di vedere le cose guardandole da orizzonti sempre più vasti, così sarete facilitati a comprendere di cosa davvero parlate, non rinchiudetevi invece nel circolo delle vostre paure e dei vostri risentimenti, se no non farete un passo avanti.
Quando
invece diamo ascolto ai nostri pregiudizi e risentimenti, non siamo ammaestrati
da Dio e rimaniamo sordi ed insensibili all’azione dello Spirito. Vi è un
grande criterio di discernimento: quello dell’amore, della compassione e della
misericordia. Ciò che infatti apprendiamo dal Padre e dal Cristo sono
l’oblazione, la compassione, il dono di sé. Il nostro cuore ed il nostro animo sono
spesso colmi di agitazione, sofferenza, risentimento; evitare la mormorazione
significherà allora per noi attendere, saperci svuotare e domandare la grazia
misteriosa della pace e della compassione. Pensiamoci: com’è infinitamente
lontano questo dal risentimento delle mormorazioni!
Domande per continuare la riflessione
-Sono tanto sazio delle mie convinzioni e delle mie idee da non essere aperto ad altro?
-Mi capita talora di scegliere e di agire sulla base del risentimento?