III Domenica del Tempo Ordinario Anno B

21 gennaio 2024

Gio 3,1-5.10   Sal 24   1Cor 7,29-31   Mc 1,14-20    

SMARRITI IN UN TEMPO SOTTILE 

Troviamo un forte intreccio d’idee fra la parola centrale del vangelo odierno “il tempo è compiuto” e la prima lettera ai Corinti “il tempo si è fatto breve”. Le parole sono sempre inadeguate…: in che senso il tempo è breve? Forse potremmo dire meglio “il tempo ha avuto una svolta”, la venuta di Gesù ha impresso una mutazione al tempo rendendolo più breve. Con l’ingresso di Dio nella storia il tempo accoglie ormai in sé un altro mondo, e questo richiede un nuovo modo di abitarlo.  

La brevità del tempo cui allude S. Paolo allora è una caratteristica spirituale piuttosto che fisica; breve non vuol dire più corto, per cui dovremmo fare tutto più in fretta, ma più trasparente e sottile come un’organza, un tessuto delicato che potrebbe lacerarsi ad ogni movimento brusco o inconsulto. Quando riceviamo la visita di un ospite gradito desideriamo mettegli a sua disposizione tutta la nostra casa e noi stessi, perché si senta accolto. Siamo attenti e concentrati per la sua venuta, non ci lasciamo distrarre e viviamo di buon grado una certa ansia nel timore di non arrivare in tempo a predisporre tutto come vorremmo. Così è anche per quegli ospiti che sono le persone con cui intratteniamo relazioni sgnificative nella nostra vita. Per loro nessun dettaglio cui prestare attenzione è di troppo. 

Perché dovrebbe essere diverso con Gesù? Quando Gesù parla di tempo compiuto parla della dolcezza del frutto maturo; Lui è venuto ed il frutto della sua attesa è divenuto l’amore maturo per Lui, che va ora gustato. Si tratta di vivere il tempo ospitando Gesù nella nostra vita, ordinando tutto per Lui. Se il cristianesimo significasse solo attendere che la vita finisca per poi andare in cielo, non ci sarebbe più nessuna urgenza. Quando diveniamo consapevoli che l’ospite atteso da tempo è ormai presente il tempo per noi diviene un’organza da abitare con cura: non finiremo mai di predisporre tutto nell’amore. 

Nonostante le nostre attenzioni può accaderci però, e di fatto accade, di ritrovarci smarriti: quasi mai nella vita le cose vanno come programmato. Come al visitatore d’una nuova città o ad un’escursionista in un territorio sconosciuto può accadere di perdersi e di non saper più orientarsi, anche noi ci ritroviamo smarriti affrontando situazioni impreviste. A volte gli eventi, non senza qualche nostra responsabilità o collaborazione negativa, ci catapultano in contesti esistenziali sconosciuti, in cui ci sentiamo stranieri in una vita che per certi versi non ci pare più nemmeno la nostra. Non mi riferisco solo a taluni frangenti drammatici (malattie, lutti, ecc…) ma anche a situazioni connesse all’instabilità sociale e culturale così tipica dei nostri giorni: a volte proprio le istituzioni deputate a darci stabilità, sembrano rischiare d’esporci a situazioni destabilizzanti. 

A ritrovare l’orientamento ci aiuta ancora il vangelo di Marco: “…convertitevi e credete al Vangelo”. In questo contesto l’appello alla conversione è un richiamo alla destinazione più vera della vita; se avessimo chiaro nel cuore questo orientamento, non ci sentiremmo perduti. In atri termini le scelte categoriali possono essere varie. Possiamo cambiare lavoro, casa, città, amicizie, ma quel che più conta è avere il cuore orientato nella giusta direzione: verso il bene e non il male, verso l’amore e non l’indifferenza, la giustizia e non l’iniquità. Finchè vivremo non termineremo mai di doverci convertire, cioè riorientare, richiamando la nostra anima tentata di perdersi nei vicoli dei nostri molteplici egocentrismi. Questa è davvero la tentazione: pensare al successo sociale ed economico o al potere, come a destinazioni esistenziali appetibili.  

Se credere significa donare il cuore, allora l’invito del Vangelo è un invito alla gioia di mettere il cuore e l’anima in ciò che è più elevato, sublime, bello, riportandoli nella loro vera casa, la casa di Dio.

 

Domande per continuare la riflessione 

-Che rapporto ho con il tempo? So sentirlo, e viverlo, nel suo significato di contenitore del divino, o per me è solo una cosa da misurare, contare, usare? So stare con rispetto e delicatezza in esso? 

-Quando sperimento di essere smarrito nella vita? Mi sono mai sentito straniero in casa mia? Cosa faccio? Come cerco di riorientarmi?