19 maggio 2024
At 2,1-11 Sal 103 Gal 5,16-25 Gv 15,26-27; 16,12-15
IL DONO DI COMPRENDERSI
Con la solennità della Pentecoste terminiamo il Tempo Pasquale e rientriamo nel Tempo liturgico Ordinario. Dovremmo abituarci a considerare tutto l’anno liturgico come un tempo pentecostale: in ogni celebrazione, anche la più feriale, noi facciamo memoria non solo della morte e risurrezione del Signore, ma anche dell’invio dello Spirito Santo che fa nuova la vita dei credenti e rinnova la faccia della terra…
Gesù stesso promise il dono dello Spirito, che nel Vangelo odierno è designato come Paraclito: chiamato accanto. Nella lingua greca indicava l’avvocato chiamato a stare vicino all’imputato durante il processo. Nel Nuovo Testamento il Paraclito indica colui che combatte per noi per farci vincere la lotta fra il bene ed il male, quand’essa diviene difficile. Questa è proprio l’azione specifica dello Spirito Paraclito o Consolatore: ha un compito di accudimento, non ci lascia soli, si prende cura di noi, incoraggiandoci e sospingendoci a proseguire nonostante le difficoltà, senza arretrare.
Legata allo Spirito è anche la capacità di comunicare. Gli Atti degli Apostoli oggi ci testimoniano l’impressionante miracolo degli Apostoli che predicando ad una folla cosmopolita, proveniente da molte nazioni diverse, riuscirono a farsi comprendere perfettamente. Il miracolo rinvia all’episodio della torre di Babele quando l’umanità che, fino a quel momento aveva parlato una sola lingua, si trova immersa improvvisamente in una babele di lingue non più in contatto fra di loro, a causa della loro arrogante scalata al cielo. Anche nella nostra esperienza quotidiana ci accorgiamo come la comunicazione funzioni solo lì dove c’è l’impegno ad essere umili e senza arroganza sia da parte di chi si esprime (con chiarezza, rispetto e misura) sia da quella di chi ascolta con attenzione, rispetto e silenzio.
Questo è molto facilitato dalla condivisione d’uno stesso progetto: negli Atti, prima del miracolo delle lingue i discepoli stavano tutti insieme nello stesso luogo, condividevano, cioè, uno stesso sogno ed uno stesso ideale ed erano un cuor solo ed un’anima sola. Perché si crei vera comunicazione occorre essere accomunati da medesimi obiettivi: quando la comunicazione non passa, dovremmo chiederci se per caso siamo dispersi e se non abitiamo in luoghi dell’anima diversi. Sappiamo comunicare con qualcuno nella misura in cui lo amiamo e, viceversa, lo amiamo nella misura in cui ci sentiamo impegnati a comunicare realmente con lui. Non c’è comunicazione senza impegno, non c’è impegno senza amore. Quante volte noi non riusciamo a capirci nemmeno nelle nostre case: forse con maggiore disponibilità ed apertura ci sarebbe anche meno incomprensione.
Se per Israele la Pentecoste era il memoriale del dono della Legge sul Sinai, nella Chiesa del Nuovo Testamento diventa piuttosto la festa della Nuova Legge che abita il cuore del credente: quella dell’amore. Il vento ed il fuoco che avevano caratterizzato la teofania del Sinai caratterizzano oramai il dono della carità e dell’agape che crea cuori nuovi, ed apre ad una nuova vita in comune i discepoli del Signore morto e risorto per noi.
La presenza dello Spirito Santo nel cuore del credente gli annuncia e ricorda quello che Gesù ha insegnato intensificando la comunione con Lui. Dio stesso ha creato l’uomo capace di ricevere lo Spirito. Non a caso nelle scritture la medesima parola spirito (in greco pneuma, in ebraico ruah) viene attribuita sia a Dio che all’uomo. È dunque una presenza che crea relazione, armonia, unione fra Dio e l’umanità, è luogo e spazio dell’Alleanza di Dio con l’uomo, luogo e spazio di una comunione costitutiva che non potrà mai essere sciolta né perduta.
Domande per continuare la riflessione
- Come affronto le difficoltà di comunicazione con gli altri?
- Quella dell'amore reciproco è davvero la legge della mia vita?